martedì 19 febbraio 2013

POST CON DIARIO COMPLETO

INIZO DEL DIARIO (Post che include l’intero diario)


Burkina Faso  VIAGGIARESICURI.IT

Diffuso il 19.01.2012. Tuttora valido.

Alla luce del sempre presente rischio di deterioramento della situazione interna, si sconsigliano viaggi nel Paese, se non motivati da effettiva necessità. 

A seguito dei gravi turbamenti dell'ordine pubblico seguiti all’ammutinamento di molti reggimenti, incluso quello della Guardia Presidenziale e della Polizia di Stato (aprile 2011), la situazione di sicurezza, caratterizzata da sporadici ed improvvisi episodi di tensione all’interno delle Forze dell’Ordine, rimane  estremamente volatile, soprattutto nei principali centri urbani (in particolare Ouagadougou e Bobo Dioulasso). In un contesto di latente malcontento sociale, non si può escludere una recrudescenza dei movimenti di contestazione, anche di carattere violento. Si raccomanda vivamente ai connazionali presenti in Burkina Faso di informare della propria presenza nel Paese l’Ambasciata d’Italia ad Abidjan ed il Vice Consolato Onorario a Ouagadougou. Si consiglia inoltre di tenersi costantemente informati sulla situazione socio-politica attraverso i mass media locali ed internazionali e di attenersi alle misure di sicurezza impartite dalle Autorità locali.  La massima cautela è raccomandata negli spostamenti, comunque sconsigliati nelle ore serali e notturne, in particolare al di fuori delle aree urbane. In ragione dell’elevato rischio di atti di natura terroristica e di sequestri - anche ai danni di istituzioni o di strutture occidentali - specie per alcune regioni del Mali e del Niger confinanti con il Paese, sono fermamente sconsigliati viaggi (incluso il transito) nelle province di Oudalan e di Seno e quelle nella fascia (larga una ventina di chilometri) situata a nord delle località di Oursi e di Markoye, a ridosso delle frontiere con Niger e Mali. Per coloro che non abbiano ancora segnalato la loro presenza nel Paese, si raccomanda di registrarla anche sul sito   "https://www.dovesiamonelmondo.it/?1"Dove siamo nel mondo e di sottoscrivere un’assicurazione che copra anche le spese sanitarie e l’eventuale trasferimento aereo in altro Paese o il rimpatrio del malato.


                       IL GIORNO PRIMA DEI VACCINI
Dire che non ho paura sarebbe una bugia, forse e’ lo stress dell’esame andato male oggi o forse quello dovrò fare dopo domani, non lo so, ma certo i vaccini che farò domani e le cure che dovrò continuare anche al mio ritorno, mi danno un po’ di ansia. Penso al braccio indolenzito che avrò domani, alla poca reattività che avrò in porta al torneo di calcetto. Ho paura si, ho paura che la mia influenza possa esasperare tutto, che i vaccini non avranno effetto. Ma poi penso a dove sto andando, li si muore per niente e si combatte per tutto, lì riderebbero dei miei problemi da Occidentale. Allora questo allevia le mie pene, lamentarsi quando si sta a casa davanti a un computer, e un frigo in cucina pieno, e’ una cosa poco dignitosa. Penso questo e mi tranquillizzo, penso questo e mi rassereno, penso questo e tutto le ansie sembrano sparire.
                                          
                                         La VALIGIA
Uno dei giorni più impegnativi e’ senza dubbio quello dei preparativi della valigia. Tanto per cominciare, le valigie sono due: una per i farmaci da portare in dono, l’altra per i miei vestiti e quelli per i bambini. La scelta delle cose da portare per me e’ abbastanza semplice: due pantaloncini corti, due jeans, qualche maglietta, qualche Polo, una camicia comprata in Australia stile indiana Jones e 3 felpe…. giusto per affrontare l’escursione termica tra il giorno e la notte. La cosa che più mi fa pensare, e’ come andrò vestito all’aeroporto? mi devo vestire pensando all’Africa o pensando al gelo che avvolge Roma in questi giorni? non posso partire con woolrich e maglione, non saprei neanche dove metterli…quindi prevedo un freddo viaggio casa-aereoporto. Oggi ho dato un’occhiata alle temperature che mi aspettano in Burkina, minima 20 massima 36, temperature abbastanza distanti e quasi opposte, perche a 20 gradi un maglioncino serve. Venendo alla seconda parte della valigia, quella preposta per il vestiario per i bambini, ho accuratamente selezionato 6/7 delle mie magliette (sono un appassionato collezionista e quindi e’ una scelta difficile), non porterò stracci bucati, non e’ nello spirito giusto, svuotare l’armadio di roba vecchi, ergo porto in Africa e me ne libero, e’ di certo la cosa più sbagliata da fare, ma dalle voci che mi sono arrivate, e’ anche la più comune. Credo di aver detto tutto, chiudo qui questo capitolo. p.s. sta salendo sempre più l’ansia!

                           LE GRANDI RINUNCE

Questo viaggio ha un senso profondo, una serie di congetture “sfortunate” lo ha reso il viaggio delle rinunce, non passa giorno che si accavalla un impegno a quel viaggio che doveva essere svolto in un periodo più quieto.
Già dall’inizio, questo viaggio mi ha messo di fronte ad una scelta, ero appena stato preso alle selezioni per il New Model Nation, ovvero una simulazione ONU, che si tiene a New York, esperienza ideale per chi come me studia Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Ma evidentemente le ragioni che mi spingono in Africa sono più forti.
Il biglietto e’ preso! Non si torna più indietro, anche se, giustamente consigliato, ho speso 60 Euro in più del mio biglietto aereo per un’assicurazione che mi permette di annullare il viaggio in qualsiasi momento e recuperare i 700 euro di volo spesi. L’ho fatto si, ma la mia voglia non mi spingerà ad usare quella clausola. In ordine, il 30 Gennaio, vengo clamorosamente bocciato all’esame, che doveva essere il mio cavallo di battaglia, che mi avrebbe portato a sostenere la tesi in quella materia “Studi Strategici”, ma il dramma era all’inizio, subito dopo l’esame, ho scoperto che l’ultimo appello sarebbe stato il 17 Febbraio, partendo io il 15, la scelta era difficile; utilizzare quella clausola di annullamento del volo, o decidere di rifare l’esame a Giugno e lasciare per sempre il sogno di laurearmi in quella materia? neanche a dirlo, Burkina Faso forever, una decisione difficile, ma non saranno le strane logiche universitarie a rovinare i miei desideri e progetti!
Altro giorno, altro incastro sfavorevole, il 2 Febbraio, scopro ad una riunione, che il 17 Febbraio ci sarebbe stato nel pomeriggio un evento importante, un evento su cui lavoravo da tempo, evidentemente il venerdi 17, e’ una data molto appetibile per organizzare o fare qualcosa. Io comunque non mi fermo, vado avanti, convinto che ogni rinuncia, rafforzi la mia voglia di intraprendere un viaggio difficile e pericoloso.

Aggiornamento, sempre per non farci mancare niente, ho appena scoperto che hanno spostato la Semifinale del torneo di calcetto, proprio il giorno dopo in cui parto…. Ormai ogni rinuncia mi fortifica!
IN VIAGGIO (primo giorno)

Ore 13:00, parte il mio volo, direzione Parigi, per poi prendere appena un’ora dopo (in maniera rocambolesca) il volo diretto a Ouagadougou la Capitale del Burkina Faso, e meta del mio viaggio.

La mia mattina, inizia con qualche preoccupazione, in primis, scorgo l’occhio sulla lista degli effetti indesiderati del Malarone (medicina che si prende per prevenire la malaria), e bene, la lista e’ molto allarmante, si legge: attacchi di panico, vedere e sentire voci “allucinazioni”, pianto e tante altre cose poco rassicuranti! Averle lette, mi condiziona molto, ma fortunatamente per ora va tutto bene.

Dopo aver fatto scalo a Parigi, sono finalmente sul volo per l’Africa, tra 30 minuti, il mio aereo atterrerà in Burkina, non so se c’e’ il fuso orario e di quanto sia la differenza e quindi non riesco a capire se il mio volo e’ in ritardo, spero soltanto di trovare i membri della Onlus, ad aspettarmi all’aeroporto, questa e’ senza dubbio la mia terza preoccupazione del viaggio, dopo gli effetti indesiderati del Malarone, e il riuscire a prendere la coincidenza del volo Parigi-Burkina (obiettivo raggiunto).
Atterrato all’aeroporto, trovo puntualmente ad attendermi, Andrea (Presidente dell’Associazione "si può fare onlus") e Claudia, medico e figlia del VicePresidente della Onlus.

Andiamo alla “MISSIONE”, una sorta di fortino, gestito dalle suore, dove al suo interno sono presenti: una chiesa, una scuola, due mense (una per i bambini disagiati e una per i volontari o genitori che vengono ad adottare un bambino), 3 palazzine dormitorio con varie stanze per gli ospiti e altrettante per le persone che lavorano o studiano alla Missione, poi e' presente un orto (costruito con l'aiuto della Onlus) e un ufficio per ricevere le mamme e le persone che si recano a chiedere aiuto.




Lasciata la valigia in camera, andiamo subito fuori dalla Missione, a prenderci una birra ad un chiosco. La zona dove ci troviamo, e’ la periferia a Nord Ovest della città, che si chiama Tampouy, questo e’ un quartiere che come tutti gli altri ad esclusione del limitato centro città, e’ formato da una lingua di cemento (la strada) con ai lati terra rossa, costeggiata da una fogna a cielo aperto, e infine tutte baracche lungo la strada. Il”chiosco” dove andiamo a bere una birra (la Brakina, birra del posto), e' come tutti gli altri bar e case: "una semplice baracchetta"! la sua la particolarità (per me, ma qui e’ cosi nel 95% dei posti) e’ che il tavolino, e’ posizionato sopra una fogna, che fortunatamente e’ vuota. Il prezzo e’ quasi irrisorio, 600 franchi (80 cent di euro) per una bottiglia da 66cl.
La povertà e’ molto evidente, io ho visitato anche l’Albania nei miei viaggi e mi aveva impressionato molto, ma qui, e’ tutta un’altra cosa!

SECONDO GIORNO

Questa mattina, siamo andati a visitare l’ospedale privato 
PAOLO VI, che si trova nella nostra zona “Tampouy”, e’ una struttura molto discreta, dove il livello di igiene, e’ molto basso.

Visite come queste, non sono mai facili, non sai mai a cosa andrai in contro. Poi l’ospedale e’ spesso un luogo di dolore e sofferenza, e in un paese come il Burkina, credo che tutto possa essere amplificato rispetto all’Europa.
Nella nostra visita all’ospedale, abbiamo portato con noi, una valigia piena di farmaci, e un’altra valigia piena di magliette e pupazzi per i bambini. Basta cosi poco per vedere un sorriso sui loro volti, sia dei figli che delle madri; quest’ultime, che con molta dignità, non chiedono nulla, e non elemosinano niente, ma con gli occhi capisci quando e’ grande l’attesa, per vedere una maglietta o un pupazzo dato al loro bambino.
Seconda cosa che noto, e che smentisce quanto detto all’inizio, e’ la grande serenità delle persone, che nonostante si trovino in ospedale, non le vedi né lamentarsi né altro, viceversa, abbiamo trovato persone sorridenti, e questo mi fa riflettere.

La visita non ha limiti, e un po’  imbarazza noi della Onlus, che da “occidentali”, siamo abituati a prendere molte precauzioni prima di entrare in posti che dovrebbero essere sterilizzati. Addirittura, assistiamo in diretta ad un parto, il medico ci da la mano, ci dice di aspettare due minuti, fa partorire la ragazza nella stessa stanza, che ci vede divisi solo da un separè, e poi torna per continuare la spiegazione di quel reparto. Nessuno tranne noi sembra imbarazzato, neanche la giovane madre.

Altro reparto molto interessante, e’ quello relativo alle protesi, queste, sono un elemento molto importante per continuare ad avere una vita il più normale possibile, per chi ormai ha perso un arto. E’ un laboratorio, all’interno del quale ci lavorano due esperti, che ci mostrano i vari processi di lavorazione per creare una protesi. E’ un immagine forte, anche perché sul tavolo, ci sono vari stampi di protesi per bambini.

Finita la visita, dopo aver visionato tutti gli altri reparti, torniamo alla Missione, inconsapevole, che da lì a poco, avrò il compito più difficile che mi sia mai capitato.




LA MENSA
Ecco la vera emozione, tornati dall’ospedale, ad attenderci ci sta una fila di circa 300 bambini tra 5 e 10anni di età, che attendono di poter salire alla mensa delle Missione a loro preposta. Viene dato loro un pranzo al giorno, per la maggior parte di loro, e’ l’unico pasto della giornata.Il pranzo consiste in un piatto di pasta e una tazza di latte o acqua.

Un'altra cosa che mi impressiona, e' che i bambini più piccoli vengono "gestiti" da quelli più grandi che con bastoni, gli indicano dove sedersi, dirigono l'afflusso alla mensa e scandiscono la preghiera prima del pranzo. Sono molto violenti, una scena che mi colpisce, e' quando un bambino fa cadere la ciotola o altro, quelli più grandi lo bastonano, come a riportarlo all'ordine. Io non faccio niente! che potrei fare.

Salgo le scale, e afferro un contenitore pieno di pasta, inizio a passare tra i tavoli, sono agitatissimo, mi hanno detto di non darne, né troppa né troppo poca, se si eccede, potrebbe non bastare per tutti, viceversa, se avanza, ci sta il rimorso di aver fatto porzioni troppo piccole per quell’unico pasto.
E’ una cosa indescrivibile, avere davanti a te bambini piccoli, malnutriti e affamati, che ti chiedono di dargliene di più e tu non sai come fare, come fare a dirgli di no.  Un senso di nausea mi assale, la cosa che aumenta il mio dolore, perché vi assicuro che e’ un dolore, e’ la notizia che il cibo non e’ bastato per tutti, e quindi alcuni rimarranno a digiuno per oggi! Vi assicuro e’ terribile, anche perche pensi che la colpa e’ anche tua. L’amarezza e’ che tra poco a me invece, toccherà il secondo dei tre pasti abbondanti della giornata.







PO
Dopo pranzo,  saliamo in macchina, in direzione Sud, verso il confine con il Ghana. Viaggiamo per circa 3 ore per arrivare ad un villaggio di nome PO, famoso per essere stato per ben due volte, punto di partenza per i due colpi di Stato, quello del ’83 e quello del 87.  Dopo vari giri, troviamo il nostro alberghetto che ci ospiterà per la notte, naturalmente non e’ un albergo come ce lo immaginiamo noi, o meglio, come siamo abituati a vederli in Occidente, tutto e’ proporzionato al luogo in cui ci si trova.
Presa la stanza, io e gli altri membri della Onlus (Si può fare Onlus) ci incamminiamo su quella che dovrebbe essere la strada principale, lo deduco dal fatto che e’ l’unica asfaltata. E’ quasi buio, ho un po’ di paura, ancora non conosco questo popolo, 2 giorni dopo, la camminata serale, sarà una prassi (posto molto sicuro a mio avviso). Percorrendo la strada principale, scorgo queste “bancarelle” che sono le stesse ovunque; una vende qualcosa da mangiare, un’altra vende bottiglie con la miscela per i motorini (popolarissimi, l’80% credo giri in motorino), altre ancora vendono vestiti.





Diventa notte, rientriamo a piedi in albergo, ci aspetta la cena, anche questa, come tutto in questo viaggio, e’ un esperienza nuova. Ordino il pollo, il “cuoco” attraversa la strada e prende uno dei magri polli che vagano liberamente, lo porta nella bottega/cucina e lo prepara! 


TERZO GIORNO
Ore 4.30, suona la sveglia, io e il mio compagno di stanza ci svegliamo.

Il suo nome e’ Francesco un ragazzo di Firenze che ha 24 anni, anche lui volontario in Burkina, l’abbiamo conosciuto alla Missione, dove fa il volontario e dove pernotta. Non e’ venuto con la Onlus “Si può fare onlus” ma con un’altra: Movimento Shalom. Essendo da solo, si aggrega volentieri al nostro gruppo.
Io e Francesco abbiamo molte cose in comune, sarà una figura molto importante per questa mia esperienza africana, e per questo ne ho dato una breve descrizione.

Dopo una fugace colazione, ci dirigiamo verso il Parco Nazionale per vedere qualche animale tipico dell’Africa. Alla fine del Safari, possiamo annotare: un gruppo di elefanti, qualche coccodrillo e delle gazzelle, niente di che, ma lo sapevamo, il Burkina non e’ certo un posto turistico, o si viene per affari o per il volontariato, non e’ il Kenya! Comunque il bagno degli elefanti nel laghetto e’ stato molto affascinante.

Dopo pranzo, ci rimettiamo in macchina per tornare a Ouaga, fa caldissimo, sono 3 ore di fuoco in quel vecchio furgoncino, e come se non bastasse, oltre al caldo, si aggiunge la terra rossa che entra dalle fessure della macchina! un incubo per chi come me, soffre di allergia alla polvere.







Tornati alla Missione, mi reco all’ufficio di Suor Sabine (la suora capo della Missione), per versare la quota di adozione a distanza di un bambino, fatta dall’Associazione Giovani per Il Lazio.
La Suora, tira fuori dal cassetto decine e decine di schede di bambini bisognosi di un’ adozione a distanza, come e’ ovvio (almeno per me), decido per l’adozione del bambino che si trova sulla prima scheda a me sottoposta, non mi piace scegliere, non c’e’ niente da scegliere, tutti hanno bisogno allo stesso modo.
Il bambino, si chiama Erick Zongo, ha 3 anni e vive con la madre e 2 fratellini, il padre e’ morto. Compilo la scheda di adozione a distanza a nome di Giovani per il Lazio, e verso i 200 Euro di quota che basteranno per un anno! Sono emozionato, anche perché la suora, mi ha detto che potrò incontrarlo!
Erick qui ha una famiglia, e quello in cui credo, e’ che lui abbia il diritto di vivere in maniera dignitosa nella sua terra natia, e se un domani vorrà lasciarla, sarà solo il frutto di una libera scelta.

QUARTO GIORNO

Oggi siamo partiti alle 8:30 per LEO', un orfanotrofio di recente costruzione, situato a sud del Burkina, vicino al confine con il Ghana.

Ci rechiamo subito alla scuola, che e’ frequentata da 320 alunni di età compresa  tra 6 e 12 anni. Siamo venuti alla scuola per donare loro del materiale di cartoleria.
I ragazzi, ci aspettano in file ordinate di 60 persone poste davanti l’entrata delle classi, sono tutti in divisa. Iniziano a cantare, in segno di gratitudine per i doni che abbiamo portato.  E’ un clima gioioso, nonostante la situazione in cui si trovano e' abbastanza triste,  siamo in un orfanotrofio in uno dei paesi più poveri del mondo! non potrebbe essere altrimenti.

Verso le 11:30, ci rechiamo presso il centro per i bambini malnutriti, spesso caratterizzati dal ventre gonfio, dovuto alla malnutrizione, e’ una scena molto forte!
Siamo qui anche per controllare lo stato degli investimenti fatti dalla Onlus e quello che serve ancora da fare.
I bambini che si trovano in questa struttura, hanno problemi relativi alla malnutrizione, per loro, e’ previsto un periodo di 3 mesi di cure, prorogabile in caso di necessità, qui vengono nutriti con un cibo particolare, volto a compensare le mancanze.
Per loro, abbiamo portato una valigia piena di vestiti (molti bambini giravano seminudi).
Per ringraziarci, iniziano una danza scandita da canti e battiti delle mani,  e’ molto suggestiva!
Oltre ai vestiti, essendo Claudia un medico, iniziano le visite per i bambini, che purtroppo hanno molti problemi, il più dei quali al cuore. Hanno bisogno di cure costanti, e l’infermiere del centro, non dispone spesso dei farmaci necessari e spesso neanche della preparazione. E’ una giornata caldissima, e tutta questa situazione, inizia a farmi venire i giramenti di testa. Non mi toglierò mai dalla mente, l’immagine di quel bambino che piangeva e tossiva, e ad ogni respiro, gli si gonfiava il deforme ombelico, posto all’estremità della pancia gonfia.

La giornata scivola lentamente, dopo il pranzo con le suore, contente e orgogliose di dividere il pranzo in nostra compagnia, ripartiamo per la Missione.

Dopo 3 ore di viaggio ad una temperatura di 40 gradi, arriviamo a casa, ad attenderci, troviamo due ragazzi che vendono prodotti artigianali, sia nuovi che antichissimi. L’artigianato, e’ una caratteristica culturale importante del Burkina Faso. A Ouagadougou si tiene ogni due anni una delle più importanti fiere di prodotti artigianali dell'intera Africa, il Salon International de l'Artisanat de Ouagadougou.
Iniziano con i due ragazzi le trattative per l’acquisto di qualche prodotto; il comprare a questi ragazzi, rientra sempre nell’aiutare queste persone e ad incentivarli nel loro lavoro. Tutti e due i commercianti, sono due bravi ragazzi, e padri famiglia.









LA FESTA
Il sabato sera, a Ouaga, e’ festa!
Oggi e’ successo qualcosa di imprevisto e incredibile che amplia la mia visione e conoscenza del Burkina. Francesco, mi chiede nel pomeriggio se vogliamo uscire con uno dei due commercianti con cui abbiamo fatto affari alla Missione, ormai dopo 20 giorni, Francesco ha stretto amicizia con Pascal (il giovane commerciante) che più volte gli ha chiesto di uscire, ma da solo, a Francesco non e’ che stuzzicasse più di tanto l’idea. Ora che ci sono io, cambia tutto, in due ci facciamo coraggio a vicenda e decidiamo di uscire.
Arriva la sera, e Pascal e un suo amico ci vengono a prendere in motorino, sono emozionatissimo, mi sento come quando avevo 14 anni e uscivo per le prime volte di sera.
Pochi metri e scopro un’altra Ouaga, fatta da giovani in camicia,  musica e festa sono ovunque. Mi appare subito come la festa della classe media, fatta per lo più di studenti universitari che si riversano in splendidi locali che mi appaiono come oasi nel deserto, ingenuamente credevo fossero tutte baracche!!!
Andiamo in un primo locale, e neanche a dirlo, siamo gli unici bianchi, ci osservano tutti, ma non ci creano problemi. Nel locale, incontriamo gli amici di Pascal, sono tutti gentilissimi e questo ci mette subito a nostro agio; beviamo qualche birra, e poi ci rechiamo in un altro locale, mi sembra tutto molto strano, non mi sarei mai aspettato niente di simile, e questo era giustificato da tutto quello che avevo visto fin ad oggi in questo Paese. Questi locali, non hanno niente da invidiare a quelli occidentali!

Entriamo nel secondo locale, incontriamo altri amici di Pascal, gentili e simpatici come tutti. La serata scorre tra le risate e la musica, e’ un momento di gioia vera. Mi sembra tutto cosi strano, credetemi era una sensazione unica.
Poi succede l’inaspettato, io e Francesco, vediamo due ragazze, stupende, ci iniziamo a ballare, e’ un colpo di fulmine!
Sono le 2:00, rientriamo a casa, per dormire le nostre solite 5 ore di sonno, domani mattina ci aspetta la messa.




QUINTO GIORNO

Ore 7:00 sveglia, alle 7:30 inizia la messa, stupenda, ci saranno 500 persone, tutti vestiti con l’abito più bello, quello delle grandi occasioni, come e’ per loro la messa domenicale!
Dalla chiesa arrivano i canti gospel dei bambini, o meglio delle giovanissime aspiranti suore, e’ un’ora piacevole e sacra.

Finita la messa,andiamo a fare la spesa, e poi ci rechiamo al lavatoio per pulire i nostri panni.
Oggi e’ domenica, e quindi non si lavora, decidiamo di combattere l’ asfissiante caldo con un bagno nella piscina di uno degli alberghi situati al centro. Anche questa e’ un’esperienza. Entriamo nel quartiere di Ouaga 2000, un posto insolito, assolutamente diverso da tutto quello che lo circonda. E’ pieno di alberghi di lusso frequentati dai bianchi e uffici governativi.

Entriamo all’hotel Indipendence, e’ piano di bianchi, gli unici neri, sono ex ministri o simili, me lo dice Ina, la ragazza che ho conosciuto la sera prima,  io e Francesco abbiamo deciso di invitare lei e la sua amica Isabel a fare un bagno.

Ina, e’ figlia di un Ufficiale dell’ esercito del Burkina, e’ una ragazza che in tutto e per tutto, ha modi e usanze occidentali. Studia turismo all’università pubblica di Ouaga, e’ di religione musulmana, ma come per la maggior parte di noi occidentali, non ne dà un gran peso nelle relazioni con le persone, il padre poi e’ cattolico, quindi la mia religione (Cattolica) non la disturba affatto. E’ una ragazza incredibile!

Parliamo tutto il pomeriggio della politica del Burkina faso e delle sue relazioni con la Libia, ho il vizio della politica e delle Relazioni Internazionali!

Scende la sera, io e Francesco salutiamo le nostre amiche  e ci rechiamo a cena, Mamy (la cuoca della Missione) ci aspetta. Dei 10 iniziali della Onlus, ora siamo rimasti in 4 più Francesco, gli altri sono ripartiti. Siamo io, Andrea, Vittorio e Claudia.
Non posso nascondere che questa esperienza si e’ colorita di una nuova emozione.





SESTO GIORNO

Questa mattina ci siamo recati all’Università, che e’ ubicata in un quartiere povero all’interno di un centro costruito e gestito dal “movimento Shalom”. L'Ateneo e’ privato, e borse di studio a parte, e’ frequentato da persone molto abbienti. 
Inaspettatamente, mi viene data la possibilità di frequentare le lezioni, che quella mattina a quell’orario, erano di Economia Politica. La classe e’ piccola, composta da 7 studenti, la lezione e' di alto livello. Il prof e’ un ragazzo sulla trentina, molto preparato, nelle 2 ore di lezione, mi tratta come uno studente. La lezione naturalmente e’ in francese, lingua che io riesco a comprendere, ma comunque il professore, finita ogni parte della spiegazione, si ferma e rispiega a me in inglese, spesso anche interrogandomi con mio grande terrore! ogni domanda, mi costringe a fare un grande sforzo di memoria, sono argomenti che ho studiato 3 anni fà! , ovviamente non mi va di farmi cogliere impreparato e di far fare brutta figura all'Università italiana....
Gli studenti sono preparati e curiosi, hanno voglia di imparare. Sul loro banco, hanno quasi tutti il computer portatile, una rarità da queste parti!
La lezione scorre piacevolmente.
Ora di pranzo, torno alla Missione, non prima però di essere passato insieme allo chauffeur del movimento shalom, a consegnare il pranzo per i ragazzi di strada che studiano nella scuola pubblica di Shalom, in un villaggio lì vicino.
Dopo pranzo mi reco nuovamente con Francesco, in questa scuola, lui insegna qui da 2 settimane, mi racconta che i primi giorni sono stati molto difficili, gli undici ragazzi che compongono la classe,  di età compresa tra i 14 e i 17 anni, erano molto poco rispettosi nei sui confronti, poi grazie alla tenacia e’ riuscito ad instaurare un buon rapporto con loro. Quindi la classe che mi trovo di fronte, e’ già pronta per seguire in maniera composta la nostra lezione.
Ore 17:30, arriva l’ora del match tanto atteso, Italia-Burkina Faso, i ragazzi della classe, sfidano noi della Onlus, in una partita di calcio. Sono 2 settimane che lo chiedono a Francesco ed ora e’ arrivato il grande giorno. Il campo, e’ un pezzo di terra adiacente la scuola ed e' circondato da casette fatte di fango, le porte sono formate da due sassi. La partita inizia, i ragazzi giocano con ai piedi, una sorta di ciabatte di gomma semichiuse, le stesse che usavo io da piccolo al mare, altri invece sono scalzi e altri ne hanno una in un solo piede. La partiti finisce 6-2 per l’Italia. Il match e’ stato un evento, intorno al “campo”, tutto il villaggio si e' riunito per guardare i bianchi giocare.
Arriva la sera, ed io e Francesco, usciamo a cena con le nostre amiche (Ina e Isabel), andiamo in un ristorante europeo, e’ frequentato da molti bianchi. Dopo aver mangiato una pizza, ci rechiamo in un garden, dove troviamo una band del Burkina che suona musica tipica con bonghi e altri strumenti. Si fa tardi, e domani mattina si lavora. Salutiamo dandoci appuntamento per la sera dopo. 





SETTIMO GIORNO

Ore 9:00, io e Francesco ci rechiamo alla scuola per tenere la lezione di italiano ai ragazzi di strada.
La lezione non ha solo lo scopo di insegnare un’altra lingua, ma anche l’educazione.

La lezione di oggi verte sui modi di dire a tavola: posso avere l’acqua per favore?
e altre cose simili. Sono ragazzi svegli e intelligenti, uno in particolare, Raimond, e’ particolarmente dotato. Spero per lui che riesca ad avere l’opportunità di andare all’Università, magari con una borsa di studio!

Arrivano le 13:00, ora di pranzo, ed io e Francesco mangiamo con loro, e’ un modo per essere più vicini e per testare se hanno imparato le frasi in italiano e le buone maniere a tavola.

Dopo  pranzo, ci rechiamo all’Università, e’ sempre un’esperienza interessante, anche perché abbiamo la possibilità di confrontarci sui temi di politica internazionale. Seguiamo tutte e 3 le ore di lezione, e poi ci tratteniamo con gli studenti a parlare di Europa, crisi economica e del Burkina Faso. Questi studenti sono dei privilegiatissimi, faranno parte dell’1% della popolazione, indossano orologi d’oro e hanno computer portatili.

Guardando dal terrazzo della classe, scorgo un muro che delimita l’Università con una sorta di sfascia carrozze, dove lavorano ragazzi e bambini in mezzo a polli e cani che girano liberamente, e’ come un immagine simbolo di questa società, l’estremo lusso, con l’estrema povertà, fatta di persone che lavorano per garantirsi almeno un pasto al giorno. Quel muro divide due mondi opposti!
Finiamo di parlare con gli studenti (esperienza piacevolissima) e ci salutiamo lasciandoci i contatti di facebook (cosa molto rara da queste parti).

Arriva l’ora della cena, ed io e Francesco ci rechiamo con Ina e Isabel al ristorante italiano, che si trova nella parte più bella della città, (e' anche l’unica parte fatta di palazzi) ha la grandezza di un quartiere di  medio piccola grandezza (riferendomi a Roma).
Ormai e’ da sabato sera, che viviamo questa vita parallela, di giorno nelle periferie, e di sera, nella parte più esclusiva.
Una cosa che mi sorprende, e’ che le ragazze (Ina e Isabel) non conoscono realmente la situazione della parte più povera della popolazione, e’ come se vivessero chiuse in una sfera di cristallo formata da poche vie.  Mi sembra strano, ma dall’Italia, mi trovo a spiegare l’altra faccia del Burkina a una persona del posto, che mi guarda interessata e soprattutto meravigliata!










OTTAVO GIORNO

Ore 9:00, si va a scuola ad insegnare italiano ai ragazzi, oggi arriviamo un po’ in ritardo, colpa del tassista che non conosce come arrivare al villaggio (cosa abbastanza comune qui, che i tassisti non conoscano le strade).  L’autista e’ una brava persona, proviene dal Benin, e per la seconda parte della mia permanenza in Burkina, sarà lui a portarci in giro. Una cosa che lo distingue dagli altri, e’ che e’ sempre profumato e con la camicia, altra particolarità, e’ che pulisce in maniera maniacale la sua vecchissima Mercedes color verde, non  vuole arrendersi alla terribile terra rossa del Burkina.
Arrivati alla scuola, vediamo i ragazzi che stanno svolgendo la lezione di laboratorio, gli insegnano a costruire cinture e portafogli fatti di carta, per poi passare al cuoio. Aiutiamo come possiamo.
Il laboratorio e' parte essenziale della loro istruzione, aumenta di molto la loro capacità di potersi garantire un sostentamento attraverso il lavoro.





Dopo il laboratorio, inizia la lezione di “Morè”, lingua indigena  molto comune tra i bambini di strada, che per la maggior parte non conosce il francese. Bisogna sempre tenere a mente, che parliamo di una popolazione che per meno del 30% e' alfabeta!
Dopo la lezione di Morè, inizia la nostra lezione di italiano, questa volta ci concentriamo sulla Geografia. La cosa sorprendente e' che la maggior parte degli alunni, non sa neanche dove e' situato il Burkina Faso.

Finita la scuola, torniamo a pranzo a casa, oggi pomeriggio incontrerò finalmente Erick, il ragazzo adottato a distanza dall’Associazione Giovani per il Lazio.
E’ un bambino di 3 anni, arriva alla Missione insieme alla mamma e al fratellino neonato, il padre e’ morto, la loro e’ una famiglia  poverissima! Non hanno nemmeno una casa!!! Si vede subito che e’ uno degli ultimi, la sua povertà e’ spietatamente visibile, rispetto ad altri bambini. Oltre all'offerta per l'adozione, gli regalo dei giocattoli, del vestiario e delle caramelle, apprezzatissime!!!!
Mi guarda con diffidenza (giustamente), non comprende cosa voglia da lui questo bianco che senza ragione apparente, lascia regali a lui, che non ha fatto niente!
Rimaniamo insieme per un’ora, penso già al prossimo anno, sperando di vederlo, grazie alla donazione, in condizioni migliori. Spero inoltre, che riesca a salvarsi dalla siccità che colpirà l'Africa, che secondo i dati della FAO, porterà alla morte più di 2 MILIONI di persone in tutta l'area (Burkina, Costa d'avorio, Ghana, Mali)!!!



Arriva la sera, io e Francesco usciamo per la mia ultima sera, con Ina e Isabel,  e come tutte le sere e’ un immersione nell’altro Burkina, quello fatto da chi non ha problemi di cibo o altro. Ormai mi sembra di affrontare una vita parallela, la sera e’ come se stessi in un altro Paese e in un’altra situazione, sembra quasi un viaggio di piacere!
La sera scorre con un po’ di malinconia, ad Ina le scappa qualche lacrima a tavola, dice di non sopportare l’idea che io debba partire, per uno strano caso di incomprensione, pensava che restassi lì per sempre, e la notizia della mia partenza, risultava essere assolutamente contrastante con quando lei immaginava o si era prefissata. Non ho fatto niente per attenuare il suo dolore, non sono tipo da frasi ipocrite, la nostra situazione e’ molto difficile! e' come se vivessimo in due mondi diversi.... 


NONO GIORNO

Ultimo giorno in Burkina Faso, e anche oggi ho fatto le mie 5 ore di sonno.
Oggi e’ giornata di acquisti, non intendo shopping per noi ma attrezzi e utensili per la coltivazione dell’orto della Missione. 
Ci rechiamo al mercato, che si dice essere il più grande dell’Africa, con noi viene anche la persona che si occupa dell’orto, la sua presenza e’ necessaria perche sarà lui a fare le trattative, se le facessimo noi bianchi, il prezzo sarebbe di molto superiore! Il mercato, e’ rifornito in maniera importante, 
all’interno troviamo tutto il necessario per la coltivazione dell’orto. Non compriamo tutto in un unico punto, ma gli acquisti sembrano un tour per il mercato, dopo ogni singolo acquisto prendiamo la macchina e ci rechiamo in un altro punto. Girando per i vari punti del Mercato, si riesce bene a comprendere il quotidiano di queste persone. Con la coda dell'occhio, scorgo anche un macellaio posto sulla strada che attraversa il mercato, trovo la cosa abbastanza disgustosa, tutta quella carne sotto il sole, esposta a smog polvere e mosche! Mi avvicino, sono molto curioso, i macellai naturalmente non capiscono il mio stupore a cosa sia dovuto…e’ tutto normale per loro! scatto qualche foto, per immortalare il momento.





Finiti gli acquisti torniamo alla Missione, oggi servo nuovamente alla mensa dei bambini, questo compito, e’ la cosa che mi strazia di più, non ce la faccio proprio a rimanere calmo, ma cerco di nasconderlo per non farlo vedere ai bambini. A gestire la mensa, oltre ad un cuoco, ci stanno i bambini un po’ più grandi, che con i soliti bastoni dirigono quelli più piccoli, devo ammettere che il compito che svolgono e’ fondamentale, parliamo sempre di 300 bambini piccoli, che sarebbero impossibili da gestire, purtroppo le modalità sono troppo forti! Io non posso farci niente, non sono venuto qui per spiegare a gesti che sarebbe meglio essere più delicati. 
Questa volta le quantità di pasta, la solita, per bambino e' stata poca; con la paura che non bastasse per tutti, sono stato più cauto nel riempire i piatti, e anche questo mi turba, avrei potuto dargliene di più, ma ero terrorizzato dalla scorsa esperienza, quando non bastò per tutti e abbiamo dovuto rimandare a casa i bambini con lo stomaco vuoto. Mi tremano le mani, e un senso di nausea mi assale, mi sento quasi in colpa per avere io, 3 pasti al giorno. Non so se a parole rendo bene l'idea, per questo consiglio a tutti di prendere e partire! qui hanno bisogno di tutto e di tutti.

Dopo pranzo, mi reco con Francesco alla scuola dove insegniamo, dopo un paio di ore di lezione, salutiamo e paghiamo il conto dei pranzi fatti a scuola, ci salutiamo promettendo di continuare il prossimo anno.
Già sto pensando alle lezioni che potrò tenere quando tornerò. 
Scegliere gli argomenti giusti e' cosa ardua. Il loro livello di cultura e istruzione e' bassissimo, poi bisogna trovare qualcosa che sia utile per le loro necessità. E' ovviamente inutile parlare di Economia Internazionale o altri grandi temi di politica! 


Torniamo alla Missione, e ad aspettarmi, trovo Ina, in quello stesso momento, noto che le suore, hanno deciso di fare un regalo alle donne bisognose che sono arrivate alla Missione (come ogni giorno), Suor Sabine (la suora superiora) ordina ad uno dei responsabili della dispensa, di riempire di grano i teli lasciati appoggiati al terreno dalle donne. Che bella cosa!!!


Il pomeriggio con Ina, lo passo a spiegarle di cosa si occupa la Missione e l'aiuto che anche loro "benestanti" possono dare a questa comunità! la porto anche a fare una passeggiata fuori dalla Missione (Periferia), perché vedesse da vicino una realtà che stranamente sembra comprendere poco! 
Poi le spiego il lavoro che svolgono i Volontari che potrebbe essere integrato con il supporto di quella parte della popolazione nativa che ha molto di più. Lei non si tira indietro! forse e' un piccolo risultato. 

Si fa sera, mi reco all'aeroporto che mi porterà a Parigi e poi a Roma.








DECIMO GIORNO, IL RITORNO, CONCLUSIONI.

Solitamente il ritorno è la parte più tranquilla di un viaggo..forse perché si torna in un posto familiare o forse perchè si è ancora assueffatti da quanto abbiamo appena vissuto da non badare molto a tutto il resto.  Non è certo questo il caso, non so se vi siete mai imbattuti nella trasmissione “prigionieri in viaggio”, dove sfortunati turisti raccontano le loro tristissime esperienze di viaggio che si concludono con arresti per i più disparati motivi e soprattutto quasi sempre sono innocenti, ad esempio uno sconosciuto che ti mette della droga nella borsa o roba simile.
Bene, quel programma mi ha sicuramente colpito! Tanto che  quando nel piccolo aereoporto di Ouagadougo l’addetto al controllo bagagli (mi riferisco a quelli che vanno nella stiva e non quelli a mano), inizia a chiedere di me, un sudore gelido  inizia a scorrermi addosso, mi portano dietro una stanzetta e anche quel poco di francese che sapevo improvvisamente scompare, entro titubante in una saletta ubicata sul retro del nastro trasportatore...il militare inizia a chiedermi se quel bagaglio fosse mio…si lo era…già immaginavo che sarei stato uno degli sfortunati viaggiatori che raccontano la loro esperienza in quella trasmissione! Mi chiedono di aprire la valigia e mi domandano se l’ho fatta io…apro la valigia con la mano tremante….appena aperta vedono la mia borraccia in alluminio e di forma cilindrica, si mettono a ridere…i loro sensori avevano dato un segnale di pericolo perche non capivano cosa fosse quell’oggetto metallico e con quella forma similbomba….sono salvo!
Sono sul volo che mi porta via, direzione Parigi, già da subito, inizio a sentire i primi dolori di pancia che preludono ad un influenza intestinale, non e’ una delle migliori prospettive, visto che il viaggio (volo più tempo dello scalo) ha una durata complessiva di 18 ore!!!
 Dopo circa un’ora dal decollo, sento l’hostess che annuncia dallo speaker, in lingua francese, che stiamo per atterrare. Un po’ per il sonno o un po’ per i dolori di stomaco, e non capendo il motivo, mi inizio ad agitare, perché atterrare se siamo appena partiti? l’unico scalo che conosco e’ Parigi! Mi salgono in mente mille ragioni, e sono tutte negative.
Incredibilmente, un’ora dopo atterriamo in un paese africano, sono agitatissimo, arriva l’indicazione di non scattare foto fuori dall’aereo. Dopo poco, qualche persona lascia l’aereo e altre salgono (non più di 10 in tutto). Io sono sempre più stupito, poi mi fa male lo stomaco e la testa, ho sonno e questo amplifica il tutto. Passano 30 minuti circa, si riparte, sono esterrefatto, non capisco, poi finalmente incontro Andrea (Presidente della Si può fare Onlus) sull’aereo, chiedo spiegazioni, e con semplicità mi dice che e’ uno scalo previsto e che era scritto sul biglietto da sempre (quindi da quando ho prenotato da Roma), mi scappa un sorriso, ma sono comunque perplesso, un aereo decolla e atterra in breve tempo per far salire 10 persone, visti i costi del decollo in termini di carburante, non mi sembra una cosa normalissima….mah.
L’influenza intestinale si fa più acuta una volta atterrato a Parigi, e mi tormenterà per le 9 ore di attesa che ho per prendere il volo per Roma, un’ esperienza molto dura, ve lo assicuro!
Arrivo a Roma, finalmente! Sono contento di ricevere le cure del caso, non per altro, visto che dal mio punto di vista, prenderei il primo volo e me ne tornerei indietro, il mal di stomaco, lascia in breve tempo spazio al mal d’Africa, e’ una sensazione unica, non sapevo neanche che esistesse, l’ho scoperta solo dopo che tutti, tra amici e parenti, mi hanno iniziato a dire:  “hai il mal d’Africa, non e’ una malattia per chi non lo sapesse, ma una irrefrenabile voglia di tornare in Africa”!



                            CONCLUSIONI
Questa esperienza africana, e’ senza dubbio unica, in questo diario, ho tentato, anche con l’aiuto di fotografie, di spiegare le mie emozioni e di spiegare come si vive in uno dei 5 Paesi più poveri al Mondo.
Il Diario, nasce dalla volontà di aprire una finestra su un posto sperduto e sconosciuto ai più.
Il Blog serve a creare uno stimolo a tutti i lettori, per poter far conoscere una realtà molto difficile e problematica,come e’ quella Africana. Il fine ultimo e’ incentivare le persone a partire. Serve tanto e tante persone che dedichino un po’ del loro tempo e soprattutto sacrifichino una loro vacanza, per quest’avventura, forse questo e’ il termine più giusto, visto che dal punto di vista paesaggistico e faunistico non ha molto da offrire e quindi la sconsiglio assolutamente come vacanza di puro piacere, non perché non si passi del tempo piacevole, ma la vera felicità qui e’ quando si e’ riusciti nel proprio piccolo, a dare una mano verso chi non ha niente.
Quindi partite, perché  vi assicuro, nessuna foto e nessun diario, potrà mai realmente trasmettere quello che e’ stato vivere questa esperienza!